2022 – Ritiri con il Clero delle diocesi di Oristano ed Ales-Terralba

16/17 Novembre 2022

Per uno stile di Chiesa. La comunità dei primi cristiani

(At 2, 42-47; At 4, 32-37; At 5, 12-16)

Meditazione all’ora Terza (At 2, 14-41)

Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole: Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino. Accade invece quello che predisse il profeta Gioele:
Negli ultimi giorni, dice il Signore,
Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
i vostri giovani avranno visioni
e i vostri anziani faranno dei sogni.
E anche sui miei servi e sulle mie serve
in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi
profeteranno.
Farò prodigi i
n alto nel cielo
e
segni in basso sulla terra,
sangue, fuoco e nuvole di fumo.
Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue,
prima che giunga il giorno del Signore,
giorno grande e splendido.
Allora chiunque invocherà il nome del Signore
sarà salvato
.
Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo:
Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli.
Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua;
ed anche la mia carne riposerà nella speranza,
perché tu non abbandonerai l’anima mia negli inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.
Mi hai fatto conoscere le vie della vita,
mi colmerai di gioia con la tua presenza
.
Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò:
questi non fu abbandonato negli inferi,
né l
a sua carne vide corruzione.
Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:
Disse il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi
.
Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!».
All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.

Allora Pietro… questo avverbio che indica una successione temporale, ma anche un nesso consequenziale, racchiude un insieme di eventi fondamentali che sono accaduti prima di questo discorso, eventi che è bene richiamare alla nostra memoria.

Precisamente in pochi giorni gli Apostoli hanno vissuto:

  1. l’Ascensione del Signore
  2. la cooptazione di Mattia nel collegio apostolico, e quindi la ricostituzione numerica e del valore rappresentativo del popolo di Israele, ormai divenuto pienamente il popolo messianico
  3. la Pentecoste
  4. il fenomeno discusso e soggetto a molteplici interpretazioni della Glossolalia
  5. lo stupore e la domanda di senso di molti sul significato della Pentecoste, ma anche lo scherno di altri che – probabilmente interpretando la Pentecoste nel senso dell’offerta delle primizie del vino nuovo – reputano gli Apostoli ubriachi e privi di lucidità o… forse semplicemente inadeguati, come inadeguata spesso è percepita la Chiesa… oggi in modo particolare

Pietro, cioè Luca che riporta e confeziona personalmente quello che è stato l’insegnamento di Pietro e degli apostoli, riconduce l’evento della Pentecoste, cioè il dono dello Spirito Santo, difficilmente definibile, alla profezia di Gioele (Gl 3, 1-3), dove l’effusione dello Spirito non sarà più appannaggio di una cerchia ristretta all’interno del popolo di Israele (ad esempio i profeti) ma sarà prerogativa di tutto il popolo… il popolo nel suo insieme diviene destinatario e beneficiato del dono dello Spirito, eliminando distinzioni di età, di sesso e di differenza sociale… aprendo già dalle prime battute del libro degli Atti una prospettiva universalistica della salvezza, anzi – forse più correttamente – recuperando tale prospettiva dalle incrostazioni teologiche di un concetto esclusivo di elezione che aveva tradito il compito di segno per tutti i popoli del Popolo di Israele… “chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato!”… non solo i preti! Ogni tanto ci fa bene ricordarlo…

Questa premessa (diciamo così) permette a Pietro di annunciare Gesù di Nazaret, prima nella sua prospettiva storica, e poi creando una circolarità ermeneutica con i salmi 16 e 110,  dimostrando e testimoniando che Gesù di Nazaret, precisamente quello crocifisso, è il Messia e Dio lo ha risuscitato dai morti, poiché la morte non poteva tenerlo prigioniero, e precisando che di Davide tutti conoscono la tomba ed il contenuto, di Gesù di Nazaret, del Messia, (sebbene esista il sepolcro) non esiste il corpo offeso dalla corruzione.

E non solo Dio lo ha risuscitato ma lo ha innalzato nella gloria, alla Sua destra, gli ha donato lo Spirito Santo che lui ha poi effuso e lo ha innalzato/dichiarato Signore e Cristo!

Ma si può testimoniare solo ciò che si sperimenta…

Nessun annuncio della morte, risurrezione e glorificazione del Signore Gesù può lasciare indifferenti… “che cosa dobbiamo fare fratelli?”

Non può esistere un annuncio, conseguentemente una fede, che ci lasci tali e quali, che non divenga azione, vita, un credere senza operare è semplicemente una gnosi… (così come un credere senza la prospettiva storica diviene una gnosi della salvezza e non una storia della salvezza)

Che cosa dobbiamo fare, forse è la prima domanda che dobbiamo rivolgerci ogni giorno, ovviamente se essa è la conseguenza della nostra adesione a Colui nel quale abbiamo creduto, il Signore Gesù… non semplicemente credo, ma credo e quindi faccio… che per noi non significa immediatamente ed esattamente organizzare l’anno catechistico in parrocchia!

Pentitevi/convertitevi, fatevi battezzare, ricevete lo Spirito…

Che ci sia sempre in noi una tensione alla conversione, a quel cambiamento di nous che è il motore di ogni cambiamento, una memoria permanente del Battesimo che ci rende figli di Dio, prima di qualsiasi specificazione, una continua Pentecoste… che in noi presbiteri diviene anche impegno a ravvivare “il fuoco” tramesso per l’imposizione delle mani dei Successori degli Apostoli…

6Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. 7Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. 8Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. 13Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. 14Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato. (2 Tim 1, 6-14)

Conversazione con il Clero


Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati. (At 2, 42-48)

La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.
Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo deponendolo ai piedi degli apostoli. (At 4, 32-37)

Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti. (At 5, 12-16)

I tre sommari che prenderemo in considerazione per sviluppare insieme una riflessione ci dicono subito alcune cose:

La prima è che Luca non è solo uno “storico” (e i sommari in una narrazione storica consentono di agevolare i passaggi narrativi e funzionano anche da ritornello per fissare nella mente degli uditori alcuni messaggi precisi), ovviamente secondo i canoni della storiografia antica,

ma è anche un teologo che ha bene in mente una sua prospettiva teologica… tra il compimento del Regno di Dio presente in modo particolare nell’Israele messianico, ovvero la Chiesa della circoncisione e poi la Chiesa dei Gentili, e la parusia, si dispiega il tempo dell’evangelizzazione, realtà che la Chiesa compie solo sotto l’impulso e l’assistenza dello Spirito Santo che rende presente il Vivente, il Cristo Risorto, quel Messia che è stato respinto e che – invece per i credenti – è Colui che occorre seguire ogni giorno.

E da qui in poi nessun ostacolo, nemmeno l’incredulità e la persecuzione di Israele prima e dei pagani poi, impedirà al Vangelo di essere annunciato… la signoria del Signore Risorto e glorioso è pienamente manifesta, pur non risparmiando prove, persecuzioni, arresti, necessità di disobbedienza civile, percosse e addirittura il martirio.

Considerare attentamente questi brevi racconti ci consente di riportare la Chiesa, la nostra/vostra Chiesa locale alla sua freschezza originaria, trovando nella Chiesa primitiva di Gerusalemme (certamente fortemente idealizzata, ma non per questo da liquidare con sufficienza) un modello ed una fonte di ispirazione.

Direi di più… che l’apparente “anonimato” dei sommari, che ci parla della Chiesa in sé, ci fa comprendere tutta la bellezza, la forza, la Grazia del e presente nel Popolo santo di Dio, di cui noi facciamo parte, inseriti nel mezzo del Popolo, non semplicemente accanto al popolo, né tanto meno sopra il popolo di Dio.

Quanto è importante recuperare questa realtà, troppo data per scontata… Anche la nostra formazione presbiterale ed il nostro servizio pastorale dovrebbe ricordarci più spesso che noi siamo pienamente inseriti nella Comunità cristiana e non sopra di essa, radice del clericalismo (che non è certamente un problema di sottana), che facciamo parte di un presbiterio nel superamento della sempre presente tentazione di esercitare (pur bene magari) un ministero individuale, che siamo abilitati non solo alla predisposizione e corretta presidenza degli atti di culto, ma a annunciare, celebrare e pascere il Popolo di Dio, e che il ministero ricevuto è parte fondamentale della nostra vita spirituale e non mera conseguenza  della nostra vita spirituale (cfr PO13). Oggi, per dirla tutta, il problema dei nostri Seminari e – forse di noi preti – non è tanto la maturazione e la saldezza della vocazione, quanto la presenza e la tenuta della fede!

Per ridere un po’, soprattutto di noi stessi e davanti a noi stessi… (G. DI SANTO, Finalmente è cambiato il parroco, Rubbettino, 2022, 39-41)

Ma è anche vero che i sommari ci lasciano intravvedere e pregustare che una Comunità non è mai anonima, ma essa si conosce, vive ed opera attraverso il volto concreto dei cristiani: Pietro, Barnaba, Filippo, Stefano, Paolo… così come concreta è la nostra Chiesa con il suo popolo, e nel suo popolo i suoi pastori, così come sono concrete le nostre comunità… piccole, grandi, senz’altro variegate… forse, oggi, un po’ stanche o in un processo tutt’altro che facile, e spesso non pienamente consapevole, di ridefinizione identitaria. E l’identità delle comunità tocca nel profondo anche la questione dell’identità dei presbiteri… (T. Frings, Cosi non posso più fare il parroco. Vi racconto perché, Ancora, 2018)

E la realtà della comunione, dono e conquista, ci pone dinanzi la problematicità della comunicazione… la comunicazione nelle nostre comunità particolari, la comunicazione tra noi presbiteri, la comunicazione con il Vescovo, a servizio dell’incontro con l’altro e non funzionali ad un semplice svolgimento di compiti comuni.

Noi sappiamo benissimo, sia dal libro degli Atti, sia dall’epistolario paolino, sia da quello cattolico in genere, sia dalle testimonianze dei padri apostolici che la descrizione idillica della Chiesa madre di Gerusalemme e delle prime Comunità cristiane in genere si scontra, in realtà, con molteplici difficoltà… non necessariamente esterne…

ad esempio la tensione per l’ingresso non più sporadico/episodico dei primi cristiani pagani (cfr. Cornelio), ma ormai massiccio e sistematico (cfr. Antiochia)… con la questione o meno della forzata giudaizzazione, cfr. riunione o Concilio di Gerusalemme

la salvaguardia dell’ortodossia e dell’ortoprassi delle nascenti chiese

la difficoltà alla realizzazione della vera koinonia con la disparità delle mense (Gal 2, 1-10), la non adeguata comprensione della fraternità in Cristo che dovrebbe spingere Filemone a riaccogliere Onesimo nella sua casa non semplicemente come schiavo, ma come fratello, anzi come figlio…

Gli abusi durante la cena del Signore 1 Cor 11, 17-22

Cambiano gli scenari, le circostanze e le questioni ma la riconquista quotidiana della comunione, dono dello Spirito, segno inequivocabile, condizione e effetto dell’Eucaristia, ma pur sempre comunicato a vasi di creta, per dirla con Paolo, ci mette continuamente in discussione e ci impegna ogni giorno, liberandoci dal falso scandalo del “già acquisito”. E spesso sembra che la comunione più difficile da realizzarsi sia proprio tra noi preti…

e spesso sembra che la comunione più difficile ancora sia quella concretamente testimoniata dalla condivisione dei beni che,  se non deve essere scimmiottamento della vita religiosa, può essere – però – per noi concreta solidarietà nei confronti dei confratelli in difficoltà, e concreta sollecitudine per le Chiese più povere, magari a partire dalle parrocchie maggiormente in difficoltà della nostra Chiesa diocesana. Non semplicemente come sforzo o sensibilità individuale, di questo o quel confratello, di questa o quella persona… ma come impegno morale di tutta la comunità diocesana…

E così come non esiste (o non dovrebbe esistere) una teologia astratta che non passi attraverso il confronto con la realtà concreta, con i problemi della comunità e della gente, e con la narrazione di essa, così non esiste una prassi pastorale che informata dalla teologia della concretezza non abbia risvolti pratici… 

Perchè, dunque, oltre a quanto abbiamo appena accennato, è importante rileggere, pregare e meditare i sommari di Atti, questa particolare porzione di Parola di Dio…?

Innanzitutto per aiutarci a ricomprenderci… lungo il cammino della sua e nella storia la Chiesa ha necessità di ricomprendersi, ecco i Concili, i Sinodi, i momenti dove forte è la presenza di fratelli e sorelle che nel nome di Gesù si interrogano sul Vangelo, sulla propria fede, identità e capacità di essere non una “grande città” a tutti i costi… ma città posta sopra il monte…

Anche le nostre Chiese locali hanno necessità di ricomprendersi…

la condivisione di un unico Vescovo,

la pandemia,

la virtualizzazione della fede,

l’angoscia per i nuovi scenari internazionali, politici ed economici

le provocazioni e sollecitazioni del tempo contemporaneo

il sinodo che fortemente ha voluto Papa Francesco e che i Vescovi, almeno inizialmente, hanno accolto con un po’ di scetticismo

il cambiare di un presbiterio…

Per ricordarci che la Sua più intima identità e vocazione è quella di essere missionaria

e – aggiungerei – non in un tempo di ignoranza, ma in un tempo di indifferenza… atteggiamento che anche psicologicamente ci spinge verso una più pericolosa chiusura in noi stessi… efficacemente espressa nel modo di dire: “e chi me lo fa fare?”

vorrei citare Paolo VI nella EN al n° 15

15. Chiunque rilegge, nel Nuovo Testamento, le origini della Chiesa, seguendo passo passo la sua storia e considerandola nel suo vivere e agire, scorge che è legata all’evangelizzazione da ciò che essa ha di più intimo: – La Chiesa nasce dall’azione evangelizzatrice di Gesù e dei Dodici. Ne è il frutto normale, voluto, più immediato e più visibile: «Andate dunque, fate dei discepoli in tutte le nazioni» [37]. Ora, «coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e circa tremila si unirono ad essi . . . E il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» [38].

– Nata, di conseguenza, della missione, la Chiesa è, a sua volta, inviata da Gesù. La Chiesa resta nel mondo, mentre il Signore della gloria ritorna al Padre. Essa resta come un segno insieme opaco e luminoso di una nuova presenza di Gesù, della sua dipartita e della sua permanenza. Essa la prolunga e lo continua. Ed è appunto la sua missione e la sua condizione di evangelizzatore che, anzitutto, è chiamata a continuare [39]. Infatti la comunità dei cristiani non è mai chiusa in se stessa. In essa la vita intima – la vita di preghiera, l’ascolto della Parola e dell’insegnamento degli Apostoli, la carità fraterna vissuta, il pane spezzato [40] – non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza, provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della Buona Novella. Così tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascuno è importante per il tutto.

Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa. Comunità di credenti, comunità di speranza vissuta e partecipata, comunità d’amore fraterno, essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare «le grandi opere di Dio» [41], che l’hanno convertita al Signore, e d’essere nuovamente convocata e riunita da lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno d’essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo.

Per ricordarci che o siamo Chiesa come comunità alternativa o siamo totalmente insignificanti…

Comunità alternativa non significa essere originali a tutti i costi, ma significa porre attraverso la testimonianza della discontinuità il seme del Vangelo nel mondo…

tutti e tre i sommari registrano la simpatia e la stima del popolo per la Chiesa di Gerusalemme, è l’unico elemento presente in tutti e tre questi ritornelli… più della frazione del pane, più della condivisione dei beni, più della preghiera, più della comunione…

perché la gente aveva in simpatia e stimava la Chiesa… proprio per la capacità di essere un segno di discontinuità nei confronti della mentalità mondana che fa della persona un oggetto, dell’autorità un dominio, della vita una proprietà personale o statale, della solidarietà una strategia, dell’amore un commercio, della religione una sovrastruttura, del sapere un privilegio, della pace una tregua tra guerre, del sacerdozio una condizione di privilegio e di “quasi alienazione dalla realtà”… e così via…

“I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in città particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere. Questa dottrina che essi seguono non l’hanno inventata loro in seguito a riflessione e ricerca di uomini che amavano le novità, né essi si appoggiano, come certuni, su un sistema filosofico umano.  Risiedono poi in città sia greche che barbare, così come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile. Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera. Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno figli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto.  Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Anche se non sono conosciuti, vengono condannati; sono condannati a morte, e da essa vengono vivificati. Sono poveri e rendono ricchi molti; sono sprovvisti di tutto, e trovano abbondanza in tutto. Vengono disprezzati e nei disprezzi trovano la loro gloria; sono colpiti nella fama e intanto viene resa testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati, e benedicono; sono trattati in modo oltraggioso, e ricambiano con l’onore. Quando fanno dei bene vengono puniti come fossero malfattori; mentre sono puniti gioiscono come se si donasse loro la vita.

Lettera a Diogeneto

don Paolo Pala (@tutti i diritti sono riservati)