2023 – Ritiri con il Clero delle diocesi di Oristano ed Ales-Terralba

12 Gennaio 2023

Attenzione al contesto e al tempo.

Paolo ad Atene (At 17)

Meditazione all’ora Terza (Mt 11, 25-30)

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

 Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

  • Il capitolo 11mo di Matteo si colloca dopo il discorso missionario che Gesù rivolge ai suoi discepoli, un discorso molto esigente, nel quale il Signore parla apertamente di spada, croce, perdita… un discorso che potrebbe creare dissenso, un discorso “politicamente” scorretto e che mette in guardia gli stessi discepoli dai pericoli dell’insuccesso, addirittura della persecuzione.
  • Ma scorrendo questa sezione narrativa sembrerebbe che i problemi maggiori provengano non “dagli esterni”, ma dai “vicini” del Signore… Giovanni il Battista in carcere nutre un dubbio sull’identità messianica di Gesù, i contemporanei di Gesù esprimono verso di Lui un grossolano rifiuto definendoLo un “mangione ed un beone”, le città di Corazin, Betsaida, Cafarnao (luoghi di elezione e di ministero diretto) si mostrano resistenti alla predicazione del Vangelo e non dimostrano frutti di conversione, anzi tutt’altro… insomma un momento di tensione, dove sembra che nulla vada bene, un momento in cui potrebbe prevalere lo scoramento ed un vero e proprio senso di fallimento.
  • In questo momento critico, di insuccesso (almeno sotto una prospettiva umana) del ministero di Gesù, proprio in questo momento negativo, Egli eleva a Dio una preghiera di lode e benedizione… chiamandolo Padre, Abba’, con la confidenza che solo Lui si può permettere, e che a noi è stata partecipata grazie al mistero della Croce. Sgorga, però, una preghiera di benedizione non di lamentazione, non di amara disillusione, non espressione di un “egocentrismo” identitario e pastorale ferito, umiliato dal dubbio e dal disinteresse generale… ma una stupenda benedizione, di Figlio al Padre, un moto di gratitudine totalmente disinteressata, perché mentre i dotti ed i sapienti di questo mondo si sono chiusi a Dio, al Suo Regno e alla Sua Parola vivente che è Cristo Signore, i piccoli si sono dimostrati accoglienti, ben disposti, orecchio attento alla Parola di salvezza…
  • E perché i dotti ed i sapienti non hanno accolto la rivelazione del Signore, che è il Signore? Perché pensavano di poter vantare meriti… perché intelligenti, colti nella Scrittura e nella sapienza di Israele, osservanti, ligi alla Legge, adempienti inappuntabili nei confronti di ogni prescrizione morale, religiosa, cultuale.

A chi Dio può rivelarSi e rivelare i segreti del Suo Regno con evidenza se non a noi che lo meritiamo?

I sapienti e i grandi di questo mondo difficilmente accolgono la Buona Notizia del Vangelo, la follia della Croce, la conversione del discepolato… spesso ne abbiamo ampia dimostrazione attraverso i cosiddetti circoli culturali del nostro tempo, nei crocicchi degli intellettuali che colgono nel Cristianesimo semplici aspetti superficiali e caricaturali, evocando sempre e continuamente una rigida separazione tra ciò che implica la fede (che secondo i più deve essere rigorosamente collocata nella sfera dell’assuluto privato), e ciò che appartiene alla scienza, intesa mai come conoscenza ad ampio spettro ma sempre e solo come percorso empirico (direi scientista) e oggi più che mai inesorabilmente tecnico e tecnologico.

Quando ci si pone nei confronti di Dio e dell’altro nei termini di “credito” e mai di “debito”, nei termini di offerta e mai di ricerca, difficilmente ci si può aprire al Vangelo… e – direi – anche nei confronti del prossimo, verso il quale spesso ci sentiamo in credito e mai in debito, e creiamo i presupposti per l’inquinamento delle nostre relazioni, a partire dalle prime: il vescovo, i confratelli, i nostri parrocchiani…

  • Mentre i piccoli, che non vantano meriti, che non si aspettano nulla perché abituati a vivere ai margini di chi e di cosa conta, che non fanno parte di una certa intellighenzia elitaria ed autoreferenziale, questi sono gli interlocutori privilegiati di Dio, confidenti dei misteri del Suo Regno.

(Piccoli che poi sanno essere grandi come Louis Pasteur che affermava: “la poca scienza allontana da Dio, la molta scienza (sapienza) riavvicina a Dio”).

Anche San Paolo, nostro compagno di viaggio in questi momenti di ritiro e sprone e conforto del nostro ministero…, ha sperimentato questa dinamica dalle sfumature contraddittorie e lo confessa ampiamente: cfr 1 Cor 1, 18-25

18 La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. 19 Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.
20 Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? 21 Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. 22 E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, 23 noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; 24 ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. 25 Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

  • I “piccoli” sono sempre più minoranza benedetta in mezzo a tanti ostili ed indifferenti, ai quali comunque il Vangelo deve essere annunciato e soprattutto testimoniato… non c’è argomento più forte e autorevole che la testimonianza personale ed ecclesiale… non una “gara a chi vince”, secondo la prospettiva di una vecchia apologetica che è sempre pronta a serpeggiare e che tutti (anche i più giovani tra di noi) abbiamo respirato, ma un dialogo fatto tra persone che vivono ciò che credono, sperano e amano. Per questo il dialogo con tutti, con noi stessi, con gli altri, con Dio e con la cultura contemporanea è sempre molto faticoso… e – solitamente – si paventano due prospettive opposte ma dalle comuni radici: l’assimilazione a ciò che passa il tempo presente, oppure l’arroccamento in posizioni respingenti e prigioniere.
  • E le “cose nascoste” riguardano Gesù. È Lui che ci porta al Padre, solo Lui… ed è per questo che invita ad andare verso di Lui, a sperimentare la sua mitezza ed umiltà di cuore, a prendere il Suo giogo che è dolce e leggero, a fronte di un giogo asfissiante, pieno di rigidità umane e intransigenze sociali e religiose.

Un giogo capace anche di liberarci dai tanti autogioghi che ci imponiamo in termini di efficienza personale e ministeriale, di aspettative spropositate e fuor di luogo, a dispetto – spesso – della ricerca di ciò che conta veramente: la fecondità di una vita e di un ministero che si vive e si svolge all’interno dell’abbraccio del Signore!

Conversazione con il clero

Paolo, mentre li attendeva ad Atene, fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli. Frattanto, nella sinagoga, discuteva con i Giudei e con i pagani credenti in Dio e ogni giorno, sulla piazza principale, con quelli che incontrava. Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui, e alcuni dicevano: “Che cosa mai vorrà dire questo ciarlatano?”. E altri: “Sembra essere uno che annuncia divinità straniere”, poiché annunciava Gesù e la risurrezione. Lo presero allora con sé, lo condussero all’Areòpago e dissero: “Possiamo sapere qual è questa nuova dottrina che tu annunci? Cose strane, infatti, tu ci metti negli orecchi; desideriamo perciò sapere di che cosa si tratta”. Tutti gli Ateniesi, infatti, e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità.

Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse:

“Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”.

Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”.

Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”. Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.

  • Alcune letture, tra le tantissime, che ci possono aiutare a comprendere meglio il contesto culturale attuale: L. DIOTALLEVI, Fine corsa. La crisi del Cristianesimo come religione confessionale, Dehoniane, Bologna, 2017; F. GARELLI, Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo, Il Mulino, Bologna, 2011; R. DE VITA – F. BERTI – L. NASI (Edd.), Identità e multiculturale e religiosa. La costruzione di una cittadinanza pluralistica, Franco Angeli, Milano, 2004; A. RICCARDI, La Chiesa brucia. Crisi e futuro del Cristianesimo, Laterza, Roma, 2021…
  • Il compito che mi è stato affidato è molto arduo… in sostanza si tratta di scoprire un parallelismo suggestivo e dalla capacità ermeneutica tra il contesto culturale di Paolo e quello attuale, di poter in qualche modo cercare di comprendere come l’incontro e il dialogo tra Vangelo e cultura non solo è possibile oggi come ieri, ma è assolutamente necessario, indispensabile… non esiste una fede che non sia inculturata e non esiste cultura che non sia permeata da un sentimento religioso e che non conservi un riferimento al trascendente… ma non è affatto facile, vista la caratteristica dell’andamento culturale contemporaneo la cui caratteristica principale sembra essere la velocità, insieme alla complessità e interrelazione planetaria. E a proposito della velocità – direi – (per rubare un’espressione cara a Bauman) la liquidità dei processi culturali che per la nostra più complessa capacità di comprensione e rielaborazione, meritano tempi più lunghi di riflessione…

E non è facile soprattutto individuare atteggiamenti e percorsi pastorali immediatamente realizzabili… forse è meglio semplicemente parlare di input per la nostra azione pastorale di oggi

  • Ma, come sempre, ci facciamo illuminare e guidare dalla Parola di Dio…

Mentre Paolo si trovava in Grecia, intorno al 50, e dopo alterne vicende, non sempre pacifiche e serene (Filippi, Tessalonica e Berea), attendeva (Sila e Timoteo) ad Atene, la nobile culla della filosofia, della politica, dell’arte e anche della religione (come Tucidide e Giuseppe Flavio stessi testimoniano in merito alla devozione degli ateniesi), ormai però in declino economico e di importanza.

Il suo spirito fremeva di indignazione di fronte alla massiccia presenza di idoli ed immagini di divinità pagane e, forse, anche un po’ di rabbia c’era a causa delle pregresse azioni missionarie fallimentari e quindi frustranti…

è importante riflettere nella nostra azione pastorale, prima che sull’azione stessa, sulla mente e l’animo pastorale con cui ci accingiamo ad affrontare i nostri compiti…

  • Paolo innanzitutto conosce… è attrezzato culturalmente, non è uno sprovveduto e sa bene che si può confrontare col mondo pagano solo possedendo le categorie che appartengono a quel mondo… stoicismo, epicureismo, patrimonio letterario e culturale in senso ampio…

Conosce molto bene il contesto culturale nel quale vive ed opera… e la sua formazione culturale e giudaica di giudeo sì, ma giudeo ellenista, offrono all’Apostolo un background favorevole…

  • Quale il nostro attuale contesto culturale?

Difficile liquidare la complessa articolazione del momento presente con poche battute… abbiamo già accennato alla velocità dei processi culturali, a fronte di uno sviluppo passato decisamente più lento; abbiamo fatto cenno anche alla globalizzazione economica e culturale che mostra una inimmaginabile (prima di oggi) interrelazione planetaria tra le persone; un sentimento religioso diffuso, forse disordinato e sincretista, difficilmente istituzionalizzabile nelle fedi e religioni tradizionali; una secolarizzazione sana che si è trasformata in una separazione netta e laicista nei confronti di un ruolo pubblico della religione; una tecnologia avanzatissima che crea nei confronti soprattutto delle giovani generazioni il senso di connettività a dispetto del senso di comunità, per cui la realtà assume sempre più i contorni della virtualità che diviene realtà essa stessa…; l’egemonia dell’economia nei confronti della politica, per cui il mondo procede secondo regole economiche, finanziarie, speculative che accumunano e determinano tutte le ideologie vigenti, anche quelle storicamente avverse al libero mercato; una diversa percezione antropologica per cui la soggettività umana e solo questa è in grado di determinare ciò che è umano e come deve essere… pensiamo al valore della vita, della persona, della natura, dell’identità sessuale, della sofferenza, della morte… insomma questioni che se prima potevano essere intuizioni e “profezie” degli intellettuali e dei filosofi, oggi sono sdoganate e volgarizzate presso l’opinione pubblica mondiale in modo immediato, complice la velocità della comunicazione istantanea che non ammette ragionamento… sembra essere questa la caratteristica attuale della comunicazione… A tutto questo, sicuramente ciascuno di voi potrà aggiungere tanto altro… non necessariamente filtrato da un giudizio morale, ma semplicemente  come osservazione…

  • Ritorniamo a Paolo… Sembra che l’azione evangelizzatrice di Paolo si dispieghi secondo un percorso a spirale, prima la sinagoga, poi la piazza ed infine l’areopago… tutto preceduto e preparato e accompagnato da una sorta di provocazione alla domanda… e quindi al dialogo… seminare interrogativi, non tanto offrire certezze che possono maturare solo nel percorso di crescita spirituale di ciascuno… suscitare domande, mettere in crisi pensieri, stili, culture dominanti… è questo che sembra suscitare interesse e curiosità, forse solo intellettuale, ma tant’è…
  • Ci soffermiamo un attimo sulla struttura del discorso di Paolo, così come riportato negli Atti, quindi sicuramente abbreviato

a) L’apostolo parte dalla situazione reale (un sentimento religioso comunque presente) e dall’implicita ammissione di possibilità d’ignoranza (al dio ignoto), o comunque di non completezza…

b) L’annuncio di un Dio creatore e vicino agli uomini che non si confina in luoghi precisi e non è rappresentabile secondo le categorie umane

c) Dio creatore di tutto il genere umano, del tempo e dello spazio che sono le categorie fisiche del dispiegarsi della storia e della vita umana

d) Questo Dio è intuibile/trovabile da parte di tutti attraverso la ragione perchè tutti partecipano di una parentela divina (scintilla divina), cit. di Arato

e) E se prima era ammessa l’ignoranza che permetteva una sorta di familiarità con il trascendente attraverso il processo dell’antropomorfizzazione di Dio, adesso l’esigenza è la conversione… un Dio, potremmo dire, che si onora non semplicemente sull’altare di pietra ma sull’altare della vita

f) E questo comporta che siamo responsabili delle nostre azioni, della nostra vita che sarà giudicata da un uomo che Dio ha designato, testimoniando questa elezione con il segno della Risurrezione

  • la predicazione del Vangelo non ammette omissioni e accomodamenti di compromesso… le categorie culturali mediano non compromettono. Paolo non può rinunciare al kerigma… Cristo morto e risorto…
  • Ostilità e disimpegno… sembrano essere le reazioni dominanti alla predicazione di Paolo, quasi un vero e proprio fallimento… da ciarlatano lo hanno avvicinato, da ciarlatano lo liquidano
  • Eccetto alcuni che si convertono, tra questi Dionigi e Damaris, non per accontentarci, ma comunque si tratta di un uomo e una donna, quasi a significare l’apertura al Vangelo di un’umanità nuova… che desidera entrare nella novità di Dio

            Alcune suggestioni… che possono confortarci e guidarci nella nostra azione    pastorale in dialogo con il nostro contesto culturale…

  1. conoscenza di sé, mai scontata… noi sotto l’azione dello Spirito e la guida della Chiesa siamo la mediazione umana dell’evangelizzazione
  • preparazione teologica e culturale
  • conoscenza non moraleggiante del contesto nel quale viviamo e operiamo e di cui anche noi (in fin dei conti) siamo espressione più di quanto – a volte – pensiamo.

Mai dimentichiamo la lezione dell’ultimo Concilio e quanto di bello ci ha consegnato attraverso la Gaudium et Spes (cit. proemio) … e soprattutto l’atteggiamento di simpatia ed empatia che il Concilio promuove e propone…

 Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.

La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.

  • partenza della realtà senza mistificazioni… e provocazione nei confronti della stessa
  • capacità di mediazione che non significa compromesso, ma implica la valorizzazione del buono presente, trasformando le sfide in opportunità, evitando assimilazione e/o arroccamento, senza perdere la nostra identità specifica
  • non timidezza di fronte alla cultura dominante verso la quale si può  anche e a volte è necessario esprimere dissenso… ma un dissenso ragionato e alternativo (siamo chiamati a rendere ragione della speranza che è in noi…)
  • capacità di essere minoranza ma non minorata…
  • testimonianza della fede, attraverso non la nostra presunta coerenza, ma mediante la testimonianza della carità di Cristo e della comunione trinitaria… Da questo vi riconosceranno se siete una sola cosa… passione per l’evangelizzazione, la Chiesa cresce per attrazione non per proselitismo (cfr. Francesco, catechesi del mercoledì), “fare il primo passo”
  • Riconciliazione con i nostri fallimenti e consapevolezza che nulla possiamo fare senza l’azione dello Spirito Santo, i cui frutti non spetta a noi goderli immediatamente né tanto meno giudicarli…

don Paolo Pala (@tutti i diritti sono riservati)